Il Castagno, appartenente alla famiglia delle fagaceae, è una specie molto esigente in termini di terreno e clima. Occupa la fascia fitoclimatica del Castanetum superando raramente, nelle nostre zone, i 600 – 700 m di altitudine. Predilige terreni profondi, freschi con un buon grado di sostanza organica, pH acido, migliorati dall’humus prodotto dalla decomposizione delle sue foglie.
L’apparato radicale è robusto ma poco sviluppato in profondità, la chioma ampia e rotondeggiante.
Albero molto longevo può raggiungere tranquillamente i 400 – 500 anni di età: la tradizione, infatti, attribuisce più di 2.000 anni al “Castagno dei cento cavalli”, che vive alle pendici dell’Etna, così chiamato perchè la leggenda riporta che sostassero al riparo della sua fronda la Regina Giovanna d’Aragona e la sua scorta di cento cavalieri.
01. Il Castagno da frutto
Il tronco
Il tronco presenta una corteccia inizialmente grigio-argentea e liscia, crescendo si scurisce e si fessura in larghe coste longitudinali, talvolta con un avvitamento a spirale antioraria.
Le foglie
Le foglie grandi, di colore verde intenso nella pagina superiore e più chiaro in quella inferiore, sono caduche e di consistenza coriacea; la forma è normalmente elittico lanceolata con margine seghettato e sono percorse da nervature rilevate che terminano in corrispondenza di larghi denti acuminati.
I fiori
I fiori maschili e i fiori femminili, presenti sulla stessa pianta, sono riuniti in infiorescenze allungate giallastre (amenti) di due tipi: infiorescenze maschili, presenti alla base del ramo dell’anno e formate esclusivamente da fiori maschili riuniti in glomeruli ed infiorescenze miste che si ritrovano all’apice del ramo e sono formate da fiori di entrambi i sessi.
I fiori femminili si trovano solitamente a gruppi di tre nella parte inferiore dell’infiorescenza mista e sono protetti da un involucro squamoso (cupola) che dopo la fecondazione forma il riccio. La fioritura avviene alla fine della primavera/inizio estate quando ormai la pianta ha completato la fogliazione.
02. Il legno
Il legno di castagno è facilmente lavorabile, dotato di buona elasticità, mediamente pesante e ricco di sostanze tanniche. Il tavolame ricavato dalle piante di alto fusto, una volta stagionato, trova impiego nella costruzione di mobili, infissi orologi falsi e porte per interni e se ben trattato anche per esterni . Altri impieghi sono per la realizzazione di travature, botti, pavimenti e paleria di ogni genere; dalla corteccia si estrAeva il tannino impiegato nella concia delle pelli. Con il legno di castagno, un tempo, si costruivano i canali aduttori, i fusi e altre parti delle ruote dei mulini; taglie di castagno venivano usate nelle opere di regimazione delle acque grazie alla costruzione di sbarramenti trasversali lungo il corso dei torrenti.
Poco utilizzato invece come combustibile perché brucia con poca fiamma e molta cenere.
03. I frutti
I frutti, chiamati comunemente castagne, sono acheni contenuti in numero di 2 o 3 nel riccio spinoso che a maturità si apre in 2 o 4 valve. Il frutto è rivestito esternamente da una buccia bruno – rossiccia chiamata pericarpo mentre internamente si trova una seconda pellicola vellutata detta episperma. L’apice del frutto presenta un caratteristico ciuffetto di peli (torcia) mentre alla base si ritrova una cicatrice di colore più chiaro (ilo).
La castagna, la cui parte commestibile è rappresentata dalla massa cotiledonare bianca (polpa), ha un alto contenuto in amidi, zuccheri e grassi, quindi un alto potere nutritivo e ha rappresentato una importante risorsa alimentare per le popolazioni più povere della montagna.
In Italia ultimamente la produzione delle castagne si è stabilizzata in circa 60.000 tonnellate annue ed ogni area di produzione presenta un prodotto caratterizzante che ha conquistato una propria collocazione sul mercato della frutta.
La distinzione tra castagna e marrone, non fa riferimento a precise differenze botaniche ma è importante sul piano commerciale.
CASTAGNA: è di piccole dimensioni (più di 90 frutti per 1 kg) con forma semisferica allungata, il colore del pericarpo o buccia esterna è bruno scuro ed uniforme. La buccia è spessa e coriacea mentre l’episperma (pellicola interna) è profondamente inserita nel seme. Le operazioni di pelatura sono piuttosto difficili.
MARRONE: le dimensioni sonno maggiori (meno di 90 frutti per 1 kg), la forma ovale allargata, il colore più chiaro con striature scure in senso mediano ben marcate. La buccia esterna è sottile e la pellicola interna non penetra in profondità facilitando le operazioni di pelatura . La polpa è gustosa e dolce e non si disfa alla cottura.
04. Gli innesti
Nel caso di impianti abbandonati costituiti da varietà non più valide dal punto di vista commerciale o nel caso di castagneti cedui di scarsa densità posti in aree vocate si può operare una ricostituzione del castagneto da frutto tramite l’innesto di varietà pregiate. Per capire in cosa consiste l’innesto è bene far chiarezza sulla terminologia utilizzata comunemente e sulle definizioni nelle tecniche di innesto:
Marza: è un breve pezzo di ramo della varietà che si vuole diffondere recante un certo numero di gemme. Una volta unita al portainnesto andrà a costituire la chioma della pianta.
Portainnesto: è la parte sottostante il punto di unione, può essere piantina nata da seme (semenzale) oppure un pollone emesso da una ceppaia ceduata.
Cambio: è il tessuto vegetale responsabile della formazione di nuovo legno (serve al trasporto di acqua e sali minerali dalle radici alle foglie) verso l’interno e di nuovo libro (responsabile del trasporto degli zuccheri dalle foglie al resto della pianta) verso l’esterno. La buona riuscita di un innesto e subordinata allo stretto contatto tra il cambio del portainnesto ed il cambio della marza.
Callo: massa di cellule che si sviluppano in corrispondenza della ferita e che sono responsabili della saldatura tra portainnesto e marza.
1) Operazioni preliminari all’innesto:
All’interno della ceppaia vanno scelti 2 – 4 polloni da innestare tra quelli più vigorosi, diritti e sani. Il loro diametro a 60 – 80 cm da terra non deve superare i 4 – 5 cm; I polloni devono essere spaziati in modo corretto per evitare concorrenza per la ricerca di luce e di elementi nutritivi.
2) Scelta e conservazione delle marze
I ricacci provenienti dai tagli di capitozzatura o dai tagli di giovani piante forniscono dell’ottimo materiale di propagazione. La parte migliore del ramo è quella centrale che deve essere priva di costolature. Il prelievo delle marze avviene prima della ripresa vegetativa, quando cioè le gemme sono ancora chiuse; nel caso in cui l’innesto venga fatto in un secondo momento esse vanno conservate al fresco ed in ambiente leggermente umido. La scelta della varietà va fatta tra quelle più pregiate della zona anche per adattarsi al mercato sempre più orientato verso produzioni tipiche.
3) Esecuzione dell’innesto
Possono essere praticate varie forme di innesto a seconda delle dimensioni dei polloni preferendo dove possibile quelle che limitano al massimo la superficie della ferita. Si deve adottare la massima cura nella protezione e nella legatura di questa coprendo, con prodotti adatti, ogni soluzione di continuità presente tra marza e portainnesto. Questi punti rappresentano, infatti, delle vie privilegiate di infezione per il patogeno responsabile del cancro corticale che trova una volta penetrato delle condizioni microclimatiche altamente favorevoli al suo sviluppo portando in breve tempo alla morte l’innesto. Durante la fase operativa bisogna attuare alcuni accorgimenti: disinfettare ripetutamente tutti gli strumenti occorrenti per innestare; tagliare il portainnesto poco prima dell’esecuzione dell’innesto; evitare scortecciamenti e altri tagli accidentali;
evitare legature troppo energiche; proteggere accuratamente la ferita con mastici.
Le migliori percentuali di attecchimento si hanno su soggetti di piccole dimensioni (diametro al max di 3 – 4 cm nel punto di innesto) in quanto la cicatrizzazione rapida riduce la possibilità di contagio da parte del cancro corticale.
Gli innesti maggiormente utilizzati in zona sono la corona, lo spacco diametrale pieno e lo zufolo.
4) Operazioni successive all’innesto
A circa un mese dall’innesto, quando il callo di cicatrizzazione è ben formato e la ferita chiusa, bisogna tagliare il legaccio per evitare pericolose strozzature. Qualora fossero ancora presenti delle soluzioni di continuità (ferite aperte) si deve apporre del nuovo mastice. Bisogna asportare tutti i ricacci dalla ceppaia: questa operazione va compiuta più volte nel corso dell’anno. Ad innesto attecchito i germogli vanno legati al tutore per evitare danni da parte degli agenti atmosferici.