Il castagno ha rivestito, fino ai primi decenni del nostro secolo, su tutto il territorio nazionale, un ruolo di fondamentale importanza per l’economia aziendale e per l’alimentazione delle popolazioni montane.
01. Alcuni secoli fa... al tempo della Serenissima
Quello che oggi rimane è solo parte del ricco e importante patrimonio boschivo dove il castagno regnava sovrano. E per tutta la Valmareno, soprattutto durante i secoli dell’età moderna, tra quattro e settecento, il castagno costituì una risorsa integrativa importante per tutta la popolazione.
Centinaia di ettari venivano goduti e usati pubblicamente: si parlava di “beni comunali” che, pur appartenendo da secoli alle singole comunità, la Repubblica di Venezia, a partire dal secolo XVI, volle con atti ufficiali dare in uso alle stesse comunità. Avevano diritto all’uso dei boschi e dei pascoli comunali tutti i “regolieri”, cioè le famiglie originarie di ogni singolo villaggio. Ogni anno il 21 aprile, giorno di San Giorgio, venivano controllati i cippi confinari che delimitavano le proprietà.
Non solo: la posa dei cippi era a volte seguita da un’operazione di recinzione di parte dei boschi che si decideva di “bandire” all’uso per permetterne il recupero; venivano inoltre nominati dei saltari con l’obbligo di vigilare giorno e notte contro danni e abusi. A seguire l’approvazione da parte di tutta l’assemblea dei capofamiglia, la Regola, di norme e “ordini” relativi a cui faceva spesso seguito la convalida del podestà di Cison, dando quindi agli stessi ordini e alle sanzioni previste valore legale.
Per quanto riguarda i castagni numerose norme regolavano sia l’impianto, la cura, con il proibire severamente il taglio di piè de castagnari giovani, per farne scaloni per le viti, l’utilizzo della legna, vietando di sramare o di raccogliere la ramaglia secca prima delle decisioni della Regola.
Numerose le infrazioni soprattutto per alimentare le fornase da calcina o le carbonaie. Per necessità finanziarie si poteva anche procedere <<all’incanto>>, ossia alla vendita all’asta soprattutto dei castagni deperiti. Vietato <>; per cui per la raccolta delle castagne bisognava attendere l’ordine che veniva dato in base all’andamento stagionale; proibito, durante la stagione della raccolta, il pascolo di capre e pecore. Per la foglia il termine utile coincideva generalmente con il 30 novembre, giorno di S. Andrea. Generalmente si procedeva alla divisione del bosco in prese, in porzioni che venivano assegnate a rodolo, a turno , di anno in anno alle famiglie stesse.</all’incanto>
Un documento del 18 settembre 1665 ci testimonia invece per Combai una radicata e singolare consuetudine: la raccolta collettiva delle castagne. Si avvicina il momento della raccolta e all’alba, sulla piazza sono radunati i capofamiglia di Combai: vengono eletti tre saltari e tutte le persone, oltre 150, tra cui donne e ragazzi, che procederanno assieme alla raccolta della castagne per poi essere divise in modo equo, secondo i bisogni, tra le stesse famiglie.
La successiva vendita di questo patrimonio, a partire da metà Seicento, e il venir meno di norme collettive e solidali, provocheranno – a partire dal ‘700, per poi proseguire nell’Ottocento, con la trasformazione dei boschi comuni in demanio, patrimonio dello Stato – il lento ma inesorabile abbandono con conseguente degrado dei castagneti, decimati poi a inizi Novecento dalla comparsa di alcune malattie.
E per secoli modi e strumenti, pratiche e conoscenze agronomiche, sapienze tecniche si sono tramandate di generazione in generazione, tra bottai (rinomati in vallata quelli di Combai), fornasieri, contadini e artigiani.
Contratti, inventari, documenti privati e ufficiali ci testimoniano di questa presenza pervasiva, totale del castagno nella vita privata e sociale delle comunità della Vallata: c’era una civiltà del castagno.
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02. La diffusione
Nel 1932 vi erano in Italia 600.000 ha di castagneti da frutto. A partire da questo periodo si è assistito ad una grave diminuzione del patrimonio castanicolo, che ha raggiunto il suo culmine intorno agli anni ‘50, tanto da indurre molti esperti a dubitare della futura sopravvivenza della castanicoltura da frutto e del castagno in generale. I motivi di questo declino si possono individuare principalmente nell’esodo rurale, più intenso nelle zone di collina e di montagna, nel crollo del prezzo di mercato dei frutti, dovuto al cambiamento delle abitudini alimentari delle popolazioni montane, ma soprattutto alla comparsa e diffusione del cancro corticale (Cryphonectria o Endothia parasitica).
In questi ultimi anni, però, la castanicoltura è oggetto di un rinnovato interesse, da attribuire in larga parte al favorevole andamento dei prezzi raggiunti attualmente da castagne e marroni sui mercati nazionali ed esteri, particolarmente quando si tratta di prodotti di elevato pregio ottenuti in zone vocate.
03. Le avversità del castagno
L’agente responsabile del cancro corticale è un fungo ascomicete: Cryphonectria parasitica Murr. Il micete è un parassita da ferita ed il suo sviluppo ha carattere necrotrofico; esso necessità perciò di cellule corticali morte affinchè la sua diffusione nella corteccia possa progredire. In Europa le prime segnalazioni della malattia si ebbero in Belgio nel 1924 ed in Portogallo nel 1929. In Italia il cancro della corteccia venne osservato per la prima volta a Genova nel 1938 e successivamente si diffuse velocemente nell’intera area castanicola italiana. Esso colpisce piante di tutte le età e l’infezione può avvenire in qualsiasi parte del tronco, rami principali e rametti ma le sue manifestazioni sono differenti in relazione dell’età dell’organo colpito. Sono immuni all’azione del patogeno i germogli non lignificati, le strutture riproduttive, le foglie, l’apparato radicale e la zona del colletto;su ricci e castagne il fungo può presentarsi solo eccezionalmente.
Sui rami e sui giovani polloni, i primi stadi della malattia evidenziano delle aree rosso-rugginose dal contorno elittico più o meno irregolare, leggermente depresse e con il margine lievemente rilevato. Queste zone sono interessate dalla necrosi dei tessuti. La necrosi progredisce interessando l’intera circonferenza della parte colpita. La corteccia si fessura e di seguito appare lacerata e tende a sollevarsi mettendo a nudo il legno sottostante. Scortecciando la zona infetta si può vedere il micelio del fungo color giallo crema con la sua caratteristica forma a ventaglio.
Di conseguenza si notano il dissecamento e la morte delle porzioni distali della chioma, facilmente individuabili per la permanenza di foglie e ricci anche nell’anno successivo all’attacco. Al di sotto del cancro l’attivazione di gemme latenti provoca l’emissione di numerosi getti epicormici. Nelle piante caratterizzate dalla presenza di corteccia matura particolarmente spessa i cancri e le alterazioni morfologiche diventano più difficilmente individuabili.
Intorno agli anni ’60, quando ormai si pensava che la malattia dovesse portare a completa distruzione il castagno, iniziarono a comparire delle forme atipiche di cancro, definite ipovirulente, con minor capacità di sviluppare la malattia rispetto a quelle fino ad allora osservate. Il cancro ipovirulento produce, infatti, cancri con minor estensione e contrariamente a quanto si verifica nel caso dei cancri tipici l’ospite riesce ad escludere; era in grado inoltre, una volta venuto a contatto con la forma virulenta o tipica, di convertirla in ipovirulenta. Attualmente l’ipovirulenza è largamente presente in tutta Italia ed è stata incrementata tramite la diffusione artificiale. Questo sembra essere attualmente il sistema di lotta più efficace insieme naturalmente alle continue cure colturali da parte dei castanicoltori che intervengono nei loro castagneti eliminando le parti infette dalla forma virulenta.
Il mal dell'inchiostro
E’ causato dal fungo Phytophthora cambivora che attacca le radici risalendo attraverso queste fino alla zona del colletto infettando anche la base del tronco. Qui si manifestano degli imbrunimenti dei tessuti sottostanti la corteccia che formano delle caratteristiche fiamme; dalle fenditure della corteccia fuoriesce un liquido nerastro. La pianta manifesta un deperimento generale cui segue la morte in tempi abbastanza rapidi. Le piante che presentano i primi sintomi vanno drasticamente potate onde favorire l’emissione di nuove radici.
Si tratta di un insetto dal nome Xylosanrus Germanus ed è un insetto che attacca il legno dei castagni ma anche quello degli alberi di noce, ciliegio e qualche conifera.
La prima segnalazione di questo insetto sui castagni nell’areale di produzione del Marrone di Combai è avvenuto nella primavera del 2004, ma è probabile che questa malattia fosse presente anche prima ma la sua diffusione sia stata esaltata quell’anno in quanto le piante erano in sofferenza in seguito alla caldissima estate del 2003.
Questo insetto contrariamente a quando può far pensare il nome scientifico arriva dall’estremo oriente (Cina, Korea, Vietnam, Taiwan) attualmente in Europa è diffuso in Germania, Svizzera, Austria, Belgio e Italia.
Questo scolitide presenta maschi e femmine, le femmine sono più grandi e numerose dei maschi. Le femmine scavano delle gallerie nel legno del fusto della pianta di castagno.
Durante la formazione delle gallerie , la femmina spinge verso l’esterno la segatura che spesso rimane pressata e forma un lungo, chiaro e fragile cilindro sporgente dal foro di ingresso.
Questo cilindro è facilmente lavato dalla pioggia il che rende difficile l’identificazione dell’attacco.
Sia il foro di ingresso che le gallerie hanno un diametro di circa 1 mm e si sviluppa per 2-3 cm per poi allargarsi formando la camera di allevamento dove vengono deposte le uova e inizia lo sviluppo larvale.
Tutte le pareti interne della camera di allevamento e delle gallerie vengono ricoperte da un fungo del genere “ambrosia” che le femmine trasportano sul loro corpo e che sono il nutrimento delle larve.
Lo svernamento è sostenuto dagli adulti alla base degli alberi attaccati durante l’estate precedente. Lo farfallamento primaverile inizia a metà maggio e gli adulti si spostano in volo a circa 1 metro di altezza alla ricerca dell’albero idoneo alla colonizzazione.
Il tempo necessario per lo sviluppo degli insetti adulti è di circa 20 giorni, è per questo che ci sono due generazioni all’anno: una in primavera ed una in estate, con svernamento degli adulti di seconda generazione.
L’agente dannoso per le piante di castagno è il fungo che serve a nutrimento degli insetti. Gli alberi attaccati presentano sintomi dal decorso rapido e sono:perdita precoce delle foglie, rinsecchimento di intere branche. L’attacco si concentra nella parte basale del fusto dove compaiono molti piccoli fori circolari dai quali esce la segatura. Gli alberi colpiti muoiono in poche settimane. L’insetto preferisce piante deboli e soggette a stress, come ad esempio le alte temperature e la siccità del 2003, ma anche le piante colpite dal cinipide.
Si tratta di un insetto della famiglia degli imenotteri che attacca solamente il castagno. Il nome scientifico è Drycosmus Curipilus, la prima segnalazione è avvenuta nel 2002 in provincia di Cuneo probabilmente arrivato dalla Cina attraverso piante di castagno importate ed infette. Nella nostra zona di produzione la prima segnalazione della presenza della malattia è stata fatta nel 2008.
Questo insetto produce una sola generazione all’anno e nel mese di luglio, si tratta di sole femmine che si riproducono per partenogenesi.
La vita dell’insetto adulto è di soli quattro giorni durante i quali non si nutrono ma ogni singolo insetto depone fino a 500 uova.
Le uova vengono deposte all’interno delle gemme alla base delle foglie, tali gemme dovrebbero essere quelle che nella stagione successiva danno origine ai nuovi getti e ai nuovi fiori.
Dalle uova deposte si sviluppa la larva all’interno della gemma dove trascorrerà in quiescenza l’autunno e l’inverno. La primavera successiva al risveglio vegetativo le larve producono degli ormoni che inducono la pianta a sviluppare le galle al posto delle foglie e dei fiori. All’interno delle galle le larve crescono fino a trasformarsi in insetto adulto dalle quali fuoriescono nel mese di luglio per iniziare di nuovo il ciclo.
L’insetto adulto è di ridotte dimensioni circa 1mm di lunghezza ed è facilmente trasportato dal vento (anche per 20 Km) e considerando il numero di uova che ogni singolo insetto depone si può comprendere la rapidità di diffusione e le dimensioni dell’attacco.
Le galle formatesi sui getti e sulle foglie interferiscono con il metabolismo della pianta venendosi così ad alterare il regolare accrescimento delle stesse piante.
Nel caso di forti attacchi i ridotti accrescimenti possono portare a una drastica perdita di vigore della pianta e conseguenti riduzioni di produzione di castagne (fino al 90% in meno). Al momento sembra che l’attacco del parassita non sia responsabile della morte diretta dei castagni, ma questi risultano indeboliti e sono più soggetti all’attacco di altre avversità.
Al momento l’unico intervento possibile per contenere questa malattia è tramite la lotta biologica con l’introduzione di un insetto antagonista che si nutre delle larve del cinipide.
L’insetto antagonista si chiama Torymus Sinensis, tuttavia essendo poche anni che la malattia si è diffusa in Europa non c’è a disposizione un numero sufficiente di insetti antagonisti per intervenire efficacemente su tutte le zone colpite. Attualmente solo l’Università di Torino è in grado di fornire insetti antagonisti. Il Servizio Fitosanitario Regionale in collaborazione con l’Università di Padova, hanno intenzione di creare, la prossima primavera, anche nella nostra regione un area di riproduzione dell’insetto antagonista.
Nell’aprile dei 2011 nell’area sperimentale dell’Associazione dei produttori del marrone di Combai è stato effettuato un lancio di 50 maschi e 100 femmine di insetto antagonista (l’insetto antagonista non si riproduce per partenogenesi ma ha una riproduzione sessuata). Sarebbe auspicabile effettuare quanto prima un’altro lancio di Torymus Sinensis nella zona in cui è stato fatto nel 2011 ed effettuare altri due lanci uno a Valmareno e l’altro a Tarzo in modo da aiutarne la diffusione. Tuttavia questo sarà possibile solamente quando saranno a disposizione gli insetti dal servizio fitosanitario regionale di cui parlavamo prima.
04. Operazioni per il recupero ed il mantenimento dei vecchi castagneti
Pulizia del sottobosco
lo sviluppo di altre specie arboree ed arbustive, positivo nel caso di boschi naturali o artificiali destinati alla produzione legnosa, diventa del tutto deleterio per la coltivazione del castagno da frutto.
Per esprimere le proprie potenzialità produttive esso, infatti, ha bisogno di luce, calore, elementi nutritivi ed acqua che le vengono sottratti dalle altre specie.
Per questi motivi tutta la vegetazione arborea ed arbustiva estranea al castagno va eliminata. Ottimale sarebbe anche il taglio della vegetazione erbacea per due volte all’anno, una in luglio e l’altra a fine settembre prima della raccolta del prodotto. L’erba tagliata va lasciata decomporre al suolo per limitare i ricacci e l’evaporazione dell’acqua.
La bruciatura dell’erba e la raccolta delle foglie non va mai eseguita poiché causa la perdita di fertilità nella stazione. Si consiglia, infine, l’eliminazione dei polloni alla base dei tronchi.
Potatura
le vecchie piante presentano spesso una chioma inserita in alto, molto fitta con rami secchi o deperienti soprattutto a causa degli attacchi del cancro corticale. L’intensità della potatura dovrà essere proporzionata alla condizione vegetativa della pianta, tanto più energica quanto più l’albero si trova in cattive condizioni fitosanitarie. Per le piante in buono stato si adottano potature di alleggerimento atte ad equilibrare la chioma e permettere l’entrata della luce all’interno con conseguente miglioramento produttivo. In caso di piante gravemente colpite dal cancro corticale si usano metodi più energici che prevedono il taglio anche di grosse branche;in questo caso bisogna intervenire nei successivi 2-3 anni per diradare i numerosi ricacci con il fine di ricostituire una chioma equilibrata. Dalle potature si traggono importanti vantaggi sia dal punto di vista fitosanitario sia da un punto di vista produttivo: la qualità dei frutti migliora e la pezzatura aumenta (cioè il numero di frutti per kg diminuisce) garantendo prezzi più elevati al momento della vendita.
05. La raccolta
A maturazione i frutti del castagno cadono a terra generalmente insieme ai ricci già schiusi. L’epoca di maturazione e distacco dipende molto dal decorso stagionale del clima ed è scalare richiedendo anche un mese di tempo. Le operazioni comunemente eseguite sono: la bacchiatura dei rami, la raccolta dei ricci e la diricciatura dei medesimi per estrarne il frutto.
La bacchiatura: questa tecnica, oggi poco praticata, richiedeva abilità da parte degli agricoltori che si arrampicavano sugli alberi con una lunga pertica (inima) e una volta raggiunta la parte più alta della chioma colpivano i ricci con dei colpi secchi provocandone la caduta. Frequenti erano gli incidenti e le cadute dalle piante. Oggi nella maggioranza dei casi si attende che il frutto o i ricci cadano spontaneamente al suolo.
La raccolta: è una operazione molto onerosa in termini di manodopera; i frutti che cadono a terra devono essere raccolti tempestivamente in modo da evitare possibili attacchi fungini che causano gravi perdite di prodotto. Oltre alla raccolta manuale oggi possono venire impiegate, nel caso di impianti specializzati, delle macchine raccoglitrici che aspirano i frutti dal terreno.
La diricciatura: i ricci raccolti e ancora chiusi vengono successivamente “battuti” con il bordo di un grosso rastrello di legno liberando cosi le castagne.
06. La conservazione
Metodi tradizionali
La ricciaia: si realizza un cumulo alto circa un metro con i frutti ancora racchiusi nei ricci, lo si copre con foglie e terra, ed infine lo si innaffia.
La curatura: consiste nell’immergere le castagne in vasche piene d’acqua la cui temperatura deve essere intorno ai 15 C°. I frutti bacati o ammuffiti affiorano e possono quindi essere eliminati. Si instaurano degli utili processi fermentativi che durano 4 - 5 giorni ed impediscono alle muffe e ai microorganismi di attaccare i frutti.
Metodi moderni
Il mercato, oggi, è sempre più esigente e richiede un prodotto dotato di precisi requisiti qualitativi. Per raggiungere questo obiettivo bisogna seguire le seguenti fasi:
Calibratura: permette di suddividere i frutti in base alle dimensioni (pezzatura = numero di frutti per chilogrammo);
Sterilizzazione: avviene per immersione dei frutti in acqua calda per circa 30 - 45 minuti;
Cernita e spazzolatura: dopo essere state asciugate le castagne passano in un nastro dove sono asportate quelle guaste e successivamente attraverso delle macchine spazzolatrici che rendono il prodotto lucente e di bel aspetto;
Confezionamento: alla fine il prodotto viene confezionato in sacchetti di iuta o in retine di plastica di varia capienza
Una volta sterilizzato e confezionato il prodotto può venire conservato fino a 6 mesi in celle frigorifere; altra possibilità di conservazione prolungata e data dalla surgelazione.